di STEFANO TOMASONI

«Diamo un rating di sostenibilità a tutte le aziende»

09 mag 2023


Ambiente, società, economia. Sono le tre canoniche declinazioni della sostenibilità. Alle quali da qualche tempo ne va aggiunta una quarta, quella della governance, ossia gli strumenti che le aziende mettono in atto per essere sempre più sostenibili. Anche gli strumenti finanziari. A occuparsi di questi temi, all’interno di Confindustria Vicenza, c’è in prima fila Armido Marana, vicepresidente con la delega a sostenibilità ed economia circolare.

Concentriamo l’attenzione sulla finanza etica: come è destinato a evolvere da qui in avanti questo filone della sostenibilità?
In modo consistente e piuttosto veloce. Ci sono due strumenti legislativi che l’Europa sta adottando. Uno è il Regolamento 2020/852, operativo dal 1° gennaio di quest’anno, l’altro è la Direttiva CSRD che sarà operativa dal 1° gennaio 2024 e in base alla quale entro il 2026 tutte le aziende dovranno realizzare il rapporto di sostenibilità. Il Regolamento 852 del 2020, chiamato Regolamento sulla tassonomia, prevede invece che debbano essere misurati la sostenibilità e l’impatto di tutti i finanziamenti concessi, e riguarda le istituzioni finanziarie, dalla Bce ai fondi di private equity a tutte le banche.

Qual è l’obiettivo di questo Regolamento?
Quello di tutelare gli investitori, perché ormai è chiaro che tutti gli investimenti fatti in ambito di sostenibilità sono più sicuri, garantiscono rese più alte e il ritorno dell’investimento. Il problema è dimostrare e misurare questo aumento: l’imprenditore che chiede alla banca un finanziamento deve dimostrare che l’azienda ha intrapreso un percorso di sostenibilità e che quei soldi serviranno per un progetto che avrà livelli di sostenibilità più elevati. Ma, appunto, come si misurano? È qui che è intervenuta la nostra associazione.

In che modo?
Il primo passo è stato quello di capire dove è posizionata la nostra provincia quando parliamo di sostenibilità. Abbiamo sviluppato un sistema insieme con il Dipartimento di management di Vicenza dell’Università di Verona, dove c’è un corso di studi sulla sostenibilità e c’è un gruppo di ricercatori che si occupa di questo. Con loro abbiamo fatto un accordo per sviluppare un’indagine per misurare la sostenibilità del nostro territorio, della singola azienda e del settore di appartenenza. Il primo campione ha riguardato 858 aziende, hanno risposto in 298, un numero elevato. Siamo ora entrati nella seconda fase, aperta a tutte le aziende iscritte e anche al mondo dei servizi, e alla quale finora ha già risposto un’ottantina di aziende, a conferma che c’è la volontà da parte delle aziende di misurarsi con questi temi.

Come si è svolta la prima fase dell’indagine, e che risultati ha dato?
Abbiamo preso in esame quattro macro-aree: lo sviluppo, l’ambiente, la socialità e la governance. Nel contempo abbiamo fatto partire dei corsi di formazione dedicati al management e agli imprenditori, per creare all’interno delle aziende le professionalità che servono e dare le informazioni per realizzare questo tipo di percorso. L’obiettivo è stato quello di restituire alle aziende una scheda sintetica con il proprio rating complessivo di sostenibilità. Perché noi dobbiamo pensare non tanto alle grandi aziende, che questi percorsi li hanno necessariamente già fatti per rispondere ai loro grandi clienti, quanto alle piccole aziende che oggi si trovano nella situazione in cui, se devono fare un investimento e chiedere un finanziamento in banca, devono poter arrivare avendo costruito un percorso organizzativo interno.

La scelta di procedere insieme con l’Università da cosa è dettata?
La premessa è che per l’azienda un “rating di sostenibilità” come quello che mettiamo a disposizione può essere uno strumento valido da presentare alle banche nel momento in cui chiedono il posizionamento dell’azienda sulla sostenibilità. Certo non si tratta di un audit esterno, è un’autodichiarazione, ma se è fatta bene esce una fotografia corretta. Attraverso l’Università di Verona, dunque, abbiamo l’autorevolezza per spendere questa cosa, perché è un ente terzo che è garanzia di oggettività.

Qual è l’obiettivo finale del progetto? 
Far comprendere a tutte le aziende che quello della sostenibilità è il tema del futuro. Chi fra 3-4 anni non avrà intrapreso questo percorso rischia di essere escluso dalla propria filiera di fornitura. Siamo un paese, e una provincia, perlopiù di terzisti di grandi marchi. Questi marchi hanno bisogno di dichiarare che la loro filiera produttiva è tutta sostenibile.

Quante sono le aziende associate che si sono già messe sulla strada che avete tracciato?
Siamo intorno al 40-50%. Del resto, le aziende vicentine per loro natura sono piccole e molto inserite nel proprio contesto, hanno sempre lavorato nel restituire al territorio ciò che il territorio ha dato loro. Ora si tratta dunque di strutturare tutte queste cose, evidenziarle e raccontarle. Per far capire che c’è un impegno concreto e convinto a sostegno delle persone che lavorano e per le quali noi lavoriamo.

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